lunedì 16 maggio 2022

Claudio Di Scalzo: Lapide e Manichino vittoria da lontano da vicino. Discorsi Militari di Giovanni Boine. 2016

 

"Lapide e Manichino vittoria da lontano da vicino"

Manichino per Performance mai effettuata se non per foto nel 2016. 

CDS








Claudio Di Scalzo

LAPIDE E MANICHINO VITTORIA DA LONTANO DA VICINO

"DISCORSI MILITARI" DI GIOVANNI BOINE

2016

 

 

LA LUCE DELLA VITTORIA CADE IN LETARGO SULL’UNIFORME DEL SOLDATO MANICHINO.

LA LUMIÈRE DE LA VICTOIRE TOMBE DANS LETARGO SUR L'UNIFORME DU SOLDAT MANNEQUIN.

 

 

Il Discorso militare stona fuori tempo se illustrato.
Ma vincere non è sempre meglio che perdere?
Che ne pensi Giovanni Boine, 
nella tomba indossando divisa di noce e zingo?

 





domenica 14 novembre 2021

Claudio Di Scalzo: Giovanni Boine fantasma a Lucca Comics 2021. CARTEVANEGGIO con lettera ad Adelaide Coari







Claudio Di Scalzo

GIOVANNI BOINE FANTASMA A LUCCA COMICS 2021.

CARTEVANEGGIO CON LETTERA AD ADELAIDE COARI

L’immobile maschera del fantasma nel fumetto a Lucca m’infarina la buccia. Ti scrivo questa lettera cara Adelaide Coari per rivelarti che le resurrezioni sono alla mia portata innestate sul ceppo della malattia infinita (o del Male?); tossisco infatti pure da morto; e se così t’appaio nell’epistolario tisico ovaio è perché con te più che carteggio elevo CARTEVANEGGIO.

Epperò il fumetto ti cambia aspetto. Se poi diviene declinazione POP alla mia sicura morte il 16 maggio 1917  mette lo STOP: fa Bausette.

Se esistono eroi mascherati perché non potrei esserlo io in tutto SPIRIT-OH? Sì sì sì me la godo a immaginare chi di me s’occupa in università e come dilettanti in convegno che mai qui mi tormenteranno. Nel colorato regno episodico in Lucca Comics 2021.

 

NOTA 1

Abitando il Carteggio di Boine col solito nomadismo misto transmoderno orfismo ne ho ricavato negli anni un CARTEVANEGGIO. Dove Boine personaggio scrivacchia e vivacchia e s’abbacchia oltre la data canonica della morte il 16 maggio 2017 a Porto Maurizio. Eroe mascherato, fantasma letterato, se la cava benissimo tra un’onomatopea, coff coff coff, e una citazione dallo spiritualismo filosofico. Direi quasi che fa il fico! O dal fico casca. Ma questa frasca nominata tresca va in altre lettere illustrate.

 

NOTA 2

Avendo a volte virato l’io di Boine senza moine verso Virilio (1932-2018) sospingo nell’attualità Duemila-web l’autore dei FRANTUMI nel frantumato mondo in cerca di un’arte che appaia contemporanea a qualcosa di somigliante, come fantasma decostruito è ovvio, alla letteratura d’avventura con morte prematura ma lunga finente in Resurrezione; il CARTEVANEGGIO è luogo, adatto, a che lì possa frequentarlo pure in terribilità lenzuolo Derrida. Non so se mi spiego?

 

 

 

 

venerdì 4 giugno 2021

Claudio Di Scalzo: Giovanni Boine in Lucchesia








Claudio Di Scalzo

Giovanni Boine in Lucchesia. A Sara Cardellino riconoscente.


Passato il centenario della morte è stata abbandonata verso Boine ogni corte. Passato il maggio 2017 la critica da burletta è tornata sul web a giocar favoletta a tressette in altre ruffianerie a leccare altri nomi come nelle gelaterie. Il gioco è sempre lo stesso, anche se scontato e fesso, si sale nani sulle spalle dei giganti, sul web si slancia cotanta ombra, si saluta in guanti, fidando che il motore Google pescando in eterno comando accosti nano e nana nell’episodica celebrità demente e vana ovvietà. Che val niente ma il nome naneggiato a qualcun resterà in mente imbalsamato. Così è successo al povero Giovanni Boine nel centenario ch’è sempre con tal gente un guaio. Di serpenti ovaio nel pensier nullatenente.

Chi scrive, che non invitato alle feste a Imperia è stato assente, riporta qui un sogno svitato come tomba divertente mobile e seria!   Con dedica all’uccelletto che custodisce del mio presente buon detto.

BOINE MISTICO SUL BASTIONE DI SAN COLOMBANO A LUCCA



1
Me ne sto sul Bastione di San Colombano, farfuglia il poeta di Finalmarina, non so come ci son capitato, ma perché l’atto estetico non sia vano (oh Colombano tu sìì ‘ontento della rima mi va’ di pensà mentre s’imbionda il grano) cancello in me il malnato. Rimare come nòtare senz’acqua il gusto gliè poo ma non s’affoga e con la facile illusione si voga.

Giovanni Boine, che consuma su’ anni, ridacchia a bocca torta perché se rido da diritto di sangue n’esce una sporta. A misticare mi fo addosso gorgogliare.

A Lucca, sulle Mura, la vita non ti spaura, aggiunge il poeta facendosi serio nel suo sogno. Soprattutto se devi smontare, perbenino, uso il diminutivo come un vecchianese sulla marina stenta delle dune, le “Pagine Mistiche” di quel cattocomunista di Romolo Murri. Perdio questa parola a mi’ tempi non esisteva! Ovvoivedé che qualcun altro più che sognammi mi descrive mentre sogno! Eh no!, bellino, basta diminutivi, il metaromanzo nemmeno  a fette lo digerisco e poi questa tennia sta per tecnica tradotto dal vernaholo a’ mi’ tempi di tosse e crociane mosse non esisteva. Ma tant’è, segno che sogno al futuro. Di tempi che mai vivrò e fra l’altro a breve morirò di tisi e a Padova non mangerò riso e bisi. Smettiamo grullerie entriamo nel ginepraio delle recensioni che già da giovane mi faceva girà i ‘oglioni.

Il gioino, come si dice a Lucca, è sempre lo stesso. E se qualcuno mi sogna nel seolo doppo isto, il duemila, probabile siano arrivati su Marte gli homini e ancora stiino a recensì libri che niente valgono  a confronto del riso coi bisi. Ma son probremi loro io a breve moio fissando a Porto Maurizio l’ultime vele e morì è duro sfizio ve l’assiuro a voi che mi leggete ner mi sogno a Lucca.

Riassumo. Lo ridio. Murri, o da dove ti scaturri?, scrive “Pagine Mistiche” recensendo, e di ciò godendo gusti un po’ osceni, “Storie dell’amore sacro e dell’amore profano” di Tommaso Gallarati Scotti, induve elogia il “saggio notevolissimo di alcune tendenze mistiche neo-cattoliche”, ovvvìa qui si legga non si battibecca neh Murri! A muso duro insanguinato puro, tanto da morinne e non so se è fine e adatto scrivelo in un sogno, però arrabatto la mia risposta contro questa demente “adorazione estetica della religione”.

Che vi devo dì!?!, a me l’adorazioni delle parole della religione della filosofia della poesia della letteratura fanno venì il gira’oglioni. Immagino durerà a lungo questa santa messa inventata da Papini e Prezzolini che son, sia detto, due emeriti cretini.

Si scrive un libro. Lo si pubblia. Lo si recensisce sbrodolando aggettivi e incanti. Ci s’attizza attorno qualche miagolio sul tetto della copertina, si spargono leccate che nemmeno le scimmie allo zoo danno alle noccioline, e poi l’estetica celebrata dovrebbe funzionà come il burro sullo sfintere anale per mettici meglio il cazzo! Mi si scusi questo tango lessicale un po’ parigino e porcello ma starei meglio al Moulin Rouge che non in questo bastion d’orticello arboreo. In procinto d’esser definito reo per quanto scrivo! Mostro. Rancoroso. Irriconoscente che tossendo mente e si spegne in qualche accidente. Insomma un poco di buono! da non frequentare manco nei sogni a Lucca Bastion San Colombano ficcati nel core quanto tengo in mano: La penna o il cazzo duro e puro? Accidenti nun faccio altro che riferimenti a trombare, se non viene a trovammi la Gorliero mi sfinisco dalle seghe, mistiche, in sogno solitario!

Ma torniamo a bomba. Libresca che sto qui a farci tresca nell’arietta di maggio fresca. M’intono  insomma sulla frasca d’ippocastani a piene ali e mani. Ho un certo mestiere in tasca. Si direbbe. Che altri, senza stilo e stile, manderebbe in giulebbe. A me non me ne fotte niente di sapé scrive per frammenti e intero. Quanto ho scritto lo pubblieranno dopo che sarò morto e non potrò guardalli a labbro storto per le stronzate che appronteranno in libri. Per come, da stronzi che galleggiano in porto in acqua salata, si forbiranno le labbra stucchevolmente dolci citando il nome e cognome di che lasciarono solo come un cane a tossì a morì a fassi le seghe ognidì perché nessuna si fa Sibilla col tisio col fallito nelle lettere con chi se lo frequenti perdi entrature e carriera. Tutti questi ‘attolici modernisti, ve lo ‘onfesso, anche perché mi faran fesso, tutti estetia e poa fatia di vive come persone serie,  sono personaggi tristi. Dei centurioni e delle centurione che mi ficcano lance ner ‘ostato e mi dan fiele da bè! E da tossì crocifisso!

In questo sogno sto a di’ proprio le ‘ose come stanno come andranno nei seculi seculorum. Perché i mistici della parola sono razza che come l’erba inutile tra i mattoni del Bastion San Colombano prospera.

Ecco perché scrivo “Di certe pagine mistiche”. Dove come nella boxe, destro sinistro, metto a tappeto, sul ring, i due pugili sonati (e da me gabbati e ‘ome ci godo a dimostranne l’inconsistenza, li faccio neri!, seppur intenti a far carriera in dorata mensa. Perché la critica pugilistica con “Plausi e botti” l’ò inventata io Boine che non fa ruffiane moine! Sia inteso da vivo da morto e sognante in quel di Lucca parlando vernaholo vecchianese) Murri e Gallarati. Ora spiego come li pugno li bullo li scardino.


2
Il sottoscritto tossito che presto all’artro mondo se ne sarà ito, ripudia la mistica come l’intendono i modernisti e nel futuro i sempiterni figuri tristi che voglino apparì se stessi oro nella parola e invece son bronzo o rame che vanagloria cola. Ma siccome se la dicon e se la cantan si po’ dir anco bronzo che si sgola fingendosi oro gonfiandosi rana somigliante il toro. Questi mistici de noartri, cribbio uso anco il dialetto romano!, prima o poi scoppiano nella loro malintesa salute teologica. E piove tanta merdina nell’aria fina. E i piccioni in San Colombano ci mettono qualche giorno a capì che la pioggia lucchese per portalla via ci impiegherà qualche mese. Troppo collosa e sciropposa.

Al misticismo alle “parole buie”, Giovanni Boine, oppone il duro e l’asprezza ferrigna di quanto è più antico  e forte cresciuto nella morale e nella logica d’una esistenza degna e scevra da ogni carriera nelle belle lettere da insegnare a torbidi e plagiati fedeli. Il poeta, in solitaria appassionato subito Getsemani culturale, lo martirizzeranno, definendolo mostro minato dal rincrescimento e da ogni illogica ostilità verso chi possiede il sapere necessario a salvare la poesia e la filosofia e la religione, rifiuta il Modernismo, sia detto, basato sopra un finto democraticismo che rende amorfi e senza propria personalità chi vi aderisce, che si manifesta, in pubblicazione e dichiarazioni  genuflesse verso una “imperitura poesia della fede. Fede senza oggetto; fede senza idee”.

Per sincerarsi di quanto affermo, si legga, se mai verrà messo in ordine e pubblicato, il magma delle mie lettere. L’epistolario insomma. Da non masticare come gomma. Ma non esiste il Chewing-gum nei miei tempi tra Voce e Riviera ligure. Che strano!

A quanto per lui è fiacco confuso nella boria trasfuso che scodinzola come un biacco tra le crepe dell’ambizione teorica, contrappone, chi com’esso crepa nel corpo, sano o che s’ammali, che tossisca o scoreggi, che goda a pipo ritto o che si bagni lo sterno di sangue, lo sterno dove attesi che la donna mia stil novo nella mistica d’amor ti provo, mai trovata ahimè, mi posasse come fe’ Beatrice e Laura e Silvia la mano, il palmo ferito come i miei polmoni, per guarirmi e salvarmi.

Giovanni Boine non leggeva filosofi e pensatori per ricavarne bracciali da esporre nelle vetrine delle pubblicazioni in riviste, oggi lo fanno sul web questi adoratori di mammona-carriera estetica; se s’appuntava quanto scritto da Ollé-Laprune e da Unamuno, ne ricavava medicina per tirare avanti e non soccombere all’assedio degli amici letterati che si addobbavano coltissimi sapienti pronti a insegnargli la giusta e retta via!

Al pensiero concorre l’organismo corporeo, afferma l’Ollé Laprune e ciò è un virtuoso pruno olé olé. Hola, aggiunge Unamuno, bella l’immagine del pruno, per me il sentimento tragico, col quale affrontare l’estetica e la poesia, si nutre di sangue midolla ossa cuore. Con la tisi che segna male, con l’irruenza del mio sangue ligure tra gli ulivi sano che segna libertaria salute, col sangue mi c’intendo. Si dice Boine sul Baluardo che lo fa sentir oggi coraggioso bardo.

Unamuno pruno così lo tradussi, la traduco, come nella mela il bruco?, ride alla battuta Boine, che si dichiara vecchianese nelle facezie grulle, l’essere lo si rende nella sua unità e unicità di arte e verità, oltre le apparenze brulle, e da ciò discende l’aspetto estetico che ne è figliato. Sennò è tutta una falsità ch’è inutile stalla a remà nel golfo di Porto Maurizio come in san Colombano: misero sfizio estetico. Di ciò non voglio più senti il tanfo, te ne prieco, oh Boine che nel sogno ti traduco!

Meglio star scalzo sulle Mura che calzato estetico da metter paura.

Boine ride alle mie rime sceme.

“Montagne… torrente… catene di montagne… aggrovigli di valli… io voglio da voi prender ritmo”, dice ispirato sul Ponte del Diavolo a Borgo a Mozzano.

E’ felice Giovanni Boine sul Serchio. Che belle scoperte che faccio in questo sogno, su questo ponte leggendario, che poi è talmente reale che quasi quasi lo dono, da viverlo, a qualche mio lettore che mi legge, o mi leggerà?, avendo inteso tanto di me: come carattere e sconfitte ad ogni angolo dell’esistenza.  

Mi sento qui, dopo Lucca, “uomo reale”. Che a viver nel bene nel male capisce che tutto vale.

Sto al centro della mia condizione esistenziale sgocciando sangue e verità. Sento esuberanza e subitanea fiacchezza, son malato del resto, ma intuisco, su questo ponte, che vivrò l’immortalità per questa mortalità che mi morde i garretti, per le delusioni d’amore che mi spezzano i detti, per i tradimenti che resero miseri gli affetti. Però devo sbrigarmi perché nel grido dell’angoscia “non ho costrutta la mia anima ancora”.

S’affaccia dal parapetto, un’onda gli consegna il ritratto di un gobbino con il cilindro, e Boine lancia un bacio al filosofo, caspita è giuntò fin qui da Copenaghen, proprio un sogno senza confini questo, e pensa la sua anima che va verso la Marina di Vecchiano, come schiuma che non si scioglie. E che qualche pescatore di orate accoglierà con la sua rete.

Contento di non aver pescato pesci ma la schiuma che tutti i pesci accoglie. Ti saluto pescatore sconosciuto del mio sogno. Custodiscilo. Appena ci svegliamo assieme. In due vite diverse che ne fanno, casualmente, per un giorno: una.











mercoledì 6 maggio 2020

Claudio Di Scalzo detto Accio: Con Giovanni Boine non valgon moine. Individualista apre verso il mondo pista





Accio: Giovanni Boine Muore





Claudio Di Scalzo detto Accio

CON BOINE NON VALGON MOINE

Individualista apre verso il mondo pista


Ir centenario della morte, di Giovanni Boine, il 16 maggio 2017, è passato da tempo come quarche goccia d’acqua sui vetri d’una finestra chiusa. Se alla finestra sostituisci la tomba che ir poeta à ner cimitero di Porto Maurizio gliè l’istesso.

‘Ommemorazioni che passano senza lascià traccia. Poi tutto torna ‘ome prima o quasi. Gli universitari con cattedra che si dediano a Boine ‘ontinuano i loro studi filologici ermeneutici che vanno  a finì su dispense per studenti spillate, nun c’è più saggistia per poeti detti Minori e poa anche per i Maggiori; e tutto sommato sono, seondo mé i più seri e necessari a stà d’intorno all’autore; mentre la rassamaglia dei cultori di Boine, passato ir centenerario, duve han scorpito lor cognomi in quarche incontro alla ‘arbonara, e doppo avello usato i mesi prima per dassi ròlo di interpreti e interpretesse, su quarche brogghe dedito ad evoà l’ectoplasma dei defunti poeti per appicciacci addosso quarche teoria più nera della ‘aligine e avenne visibilità per fotina col trapassato, nun sanno più che fassene o nun possono aggiunge niente a quanto àn ‘oncionato, perché ir dilettante più di tanto nun po’ andà avante.

Quello che per me è GIOVANNI BOINE nun m’interessa fallo sapé in quarche consesso intellettuale. Ma siccome sono scemo ò fatto la scemata di scrivine e pubbrià un libro - dimmi te se doppo una vita di frequentazioni col mi' Boine duvevo mette in piazza la nostra compricità, maliditto-mé - con artra persona che scrive sur ‘Arteggio mentre io mi misi a sta’ sotto lo stendardo der reggimento in riga e rompendo le righe ermeneutìe sovra i DISCORSI MILITARI. Per fortuna anco esto pasticcio è stato quasi der tutto inghiottito dar Webbe Buo Nero. 

E se quarcuno mi cerca ‘ome gliè già successo basta che dia che sono un omonimo dell’incauto saggista, istesso mi chiamo Claudio Di Scalzo, ma vo in giro cor soprannome Accio, fo in pensione ir ‘amionista al nero e pesco orate e pianto pomodori ar ‘ampo alla Barra. Di critia nun me ne intendo, dio ar telefono a chi mi cerca incautamente, e con Boine ò pòo in ‘omune sarvo che nel 2017 se lui moriva per ir sangue sputato dai pormoni io quasi morivo per ir sangue che m’usciva dar naso. Ma poi ir mi’ amore, che porta ir nomignolo di ‘Ardellino, m’è venuta a sarvà. E seppure di belle lettere e bòna musìa non somiglia né alle Aleramo né alle intellettuali amanti che fecero dannà ir Boine tìsio. E nemmeno alla popolana che un po’ l’esaltava un po’ lo martirizzava ‘ome la Gorliero. A vorte chi si dèdia a Boine, m'è dato d'intende, e ne scrive, poi vorèbbe somiglià alle su' donne. In sedicesimo. Ma gliè isterismo vano.

Epperò in tempi di Virusse ir Boine m’à tenuto ‘ompagnia. Lo fa da ando avevo ventanni. È un amio un congiunto uno di ‘asa. Va e viene come gli pare e s’intende con Lalo mi Pa’ la sarta Nada cor Pazzo mi’ amio barbiere con Karoline Knabberchen la tragia figura svizzera fidanzata di Fabio Nardi. Le ombre protettive delle mi' spalle. Ir ‘Ardellino lo sa e rispetta le mi’ frequentazioni ‘ome necessarie. E se pure legge lei Boine lo fa con la deliatezza con cui sòna Debussy per sé. Nun à bisogno di fallo sapé ar mondo ‘ulturale o di mettilo tra me e lei per avenne viatìo o benedizione.




Accio: Giovanni Boine sano legge i su' appunti





Giovanni Boine è uno ch’è sempre stato solo. Partiamo da qui!
La solitudine in casa caratterizza la sua vita. Il Carteggio immenso che custodisce i suoi scambi col mondo culturale dell’epoca è un enorme spesso inutile gonfio pallone aerostatico con il quale volava sui gruppi intellettuali dell’epoca. Ma era solo nel cestello sottostante. E tanto più negli anni del male mortale. Della Tisi. Anche col web oggi e le tecnologie da almeno venti anni un soggetto può scambiarsi con altri con altre ma restare solo. La vera vita di Boine era sulla spiaggia tra le barche di Porto Maurizio tra gli ulivi delle colline e, secondo me, tra le cosce popolane della Gorliero.

Questo ce l’ho in comune con il poeta e saggista. Mi son scambiato via webbe, per venti anni, a vorte con persone gestendo siti e blog e L’Olandese Volante (2011 - 9 gennaio 2017). Ma son stato solo. Per scelta. Per postura cerebrale e mentale. La mi’ vita s’è svolta altrove. All’intellettuale o poeta o poetessa o studiosa potevo anche scrive e-mail o telefonà; ma il reale l’ò vissuto (e ora ir tempo stringe ed è poo)  con la gente popolana di Vecchiano o alpina con chi incontravo ne’ mi’ viaggi per l’Italia per l’Europa, e con le donne amate con cui ò viaggiato.  

Giovanni Boine in politica è un Rivoluzionario Conservatore. Sennò non avrebbe scritto i DISCORSI MILITARI. L’unìo di esta razza in Italia. Di più ci stanno in Germania.

Ir nocciolo e la polpa attorno der su scrive sta in bona parte nel suo eccentrio epperò meditato Spiritualismo. Misticismo. Ner cristianesimo da sdommatizzà per trovà quanto ner dogma c’è da vivici e lì campà tenendo sur groppone soma.  

Quarche scritto è embrematio di esto procede. Ma che rivela che se Boine fu scisso tra salute e malattia lo sarà sempre anche tra due poli quando scrive di Fede. Vive sballottato tra opposti. Sta dalle parte delle Carmelitane parigine in esilio nel Belgio per sfuggire alle vessazioni ai terrori dei rivoluzionari parigini ma poi giustifica le scelte di Calvino che nel suo rigore inquisitorio in materia di Fede giunge a imporre la morte ai fedeli che non sanno operare nel giusto senza guida rigida: disposta pure a spegnere vita in chi non opera rigorosamente.

Probabile che Boine sapendosi anarcoide poco portato alla coerenza, umorale, furente su sciocchezze, sentisse necessario, psicologicamente, di stassene inquadrato in qualche rigidità detta perenne fede. Infatti dice di sé: “Vasta tumultuarietà di sentimento e per contro, quasi a schermo, bisogno e sforzo di correttezza logica di rigidità morale” (in La Città)

Eppertanto andà a travagliallo saggistiamente in queste contraddizioni, per interpretallo, è giòo troppo facile. Di siuro il marxismo o la critia di sinistra solita à gioato soprattutto in esta fessura che slabbra e unisce ir su’ doppio esiste. Ma anco i ‘ultori d’ogni mìstia der subrime letérario, fino ad apparentallo al Floresnskij vittima dei biechi ‘omunisti, è una ‘antonata idiota. Perché viene espunto l’aspetto che in Boine c’è di rivoluzionario estremo individualista. Contro la Vita ‘ome sola Cultura e Spirito.

Io non ho forza strumenti intelletto per tirà fori Boine da esta morza ermeneutìa cristallizzata, con quarche saggio epoale, ma con l’Ombra casalinga di Boine ci vivo in artra manèra. E mi basta e avanza.

S’è spiritualista, Boine che non necessita di Moine, il suo essere rima con individualista. Non c’è in tutta la letteratura del Novecento italiano uno più individualista di lui. Ovvio che tira a sé le filosofie dove l’individuo, il Singolo, è perno.
E mentre fa l’individualista, ‘osa che me lo rende amio e simpatio, tira fòri furori nervose polemie alla Cyrano, che lo rendon tipo da prende ‘on le molle; uno che non si po’ intruppà, anche se bazzìa i movimenti dell’epoa da LaVoce a Rinnovamento. Resta un ramo storto: un - lo voglio proprio rimarcà - Boinaccio. Nella Cultura italiana è ir primo a meritassi questo illustre peggiorativo in ACCIO. BOINACCIO.

L’autore di Porto Maurizio, parecchio GLOCALE, cioè locale ligure e globale, non solo italiano ma europeo, si basa sulla Individualità. Essa, tanto più in Religione, figurati in politica o letteratura, è divisa da tutti. Se ciò è vero, e per lui lo è, le declinazioni da trarre si impongono come lo schizzo della fontana nutre le labbra assetate. Fatto naturale e spirituale.

L’essere singolare non può comunicare sé stesso più di tanto, poinino insomma, e tutto deve a sé soltanto.

Di botto, di colpo, inutile star lì a elencare fonti rivelate o segrete che han macerato tale singolarità, la sua per certo, e monologa: son stato modellato ovvio, ma la mia singolarità, ne fa grumo a sé. E così sto. Non posso fa diversamente. Se vi sta bene è così e sennò tanti saluti. Ecco perché legge e tiene sulla spalliera del letto San Giovanni della Croce, definito “Aristocratico dell’ascesi”.

Eccola lì la parola. Aristocratico. Boine è aristocratico anche con le giacche sdrucite e i soldi mancanti per pagassi le medicine o una cena. Lo posa in questa classe spirituale la sua ascesi reale di vita e come intende l’amore e la letteratura.

Non è da tutti poté esse ‘osì. Ir prezzo da pagà è la solitudine, l’individualità che va verso la possibile malattia, da vive sempre solo, e qualche catastrofe nei rapporti. Anche d’amore. Prezzo troppo alto per altri poeti e intellettuali in giro. Boine va invece all’estremo. Non è un caso si mòva claudicante malato con accosto l’ombra curva di Kierkegaard.

L’angoscia zampetta tra le barche e tra gli ulivi. Anche se è lo spettacolo più bello che possa vedere. Riferisce ne L’Ignoto.








La distanza enorme tra Dio e l’Uomo, però, scrive Boine, non riguarda solo i mistici o i colti, no, no!, lo dice anco San Giovanni della Croce, riguarda tutti. Ecco bell’è dato ir colpo a tutti i mistici in giro anco oggi da sito-web o da paroline sui social. Boine individualista sta nella massa nell’insieme delle anime che ha attorno. Non può comunicare come vorrebbe, nessuno può farlo, ma ha cari gli individui della città che vede in porto che sa intenti a potare ulivi. Il suo socialismo conservatore sta qui. Dio col suo silenzio lo unisce agli altri più di ogni concezione della dialettica marxista o di qualche teoria idealistica letteraria.

Che Giovanni Boine sia adatto al tempo del COVID 19 a sta 'on mé ner ‘ascinale di Vecchiano ordunque nun sorprenda. E chi volesse fa’ artrettanto basta ‘ompri quarche su libro. Tutti editi a posteriori. Salvo i Discorsi Militari.

Sia però chiaro che non aspiro a insegnà ‘ome va letto Boine o a scambiammi su 'ome usanne la presenza nella ‘urtura o anco sempricemente per appartené ad un crubbe di amici der poeta tisìo... ognuno faccia per sé che a come sta’ con Boine ci penso da mé!



...CONTINUA





domenica 6 ottobre 2019

Claudio Di Scalzo detto Accio: Pistone vano nel polmone sano, puleggia nel polmone malato scheggia iato. Boine critico che non ti dico! Con la partecipazione di Sara Cardellino


Boine apprendista scheletro moine - 2013  
Illustrazione per "La storta vita. 
Chiacchiera sulla tomba di Giovanni Boine"- 2000





Accio e Cardellino 

PISTONE VANO NEL POLMONE SANO, 
PULEGGIA NEL POLMONE MALATO SCHEGGIA IATO.

A 102 anni dalla morte di Giovanni Boine il 16 maggio 1917.



-Accio, in questa cartella con questo titolo cosa contiene?

-Ecco del Cardellino il becco che lo ficca stando sulla soffitta stecco. Lascia stare… scemenze mie.

-Lo voglio sapere… leggo il files stampato…

-Lascia stare ch’è meglio  gironzolare sulle Mura di Lucca al Bastione San Colombano col gelato in mano… che questi fogli dal titolo meccanico futurista per poeta che non lo era, però malato sì.

-Spiegami l’ironia… anche se s’intuisce che ti prendi in giro…

-Se fossi stato andato al Convegno per il Centenario a Tento e Imperia, invitato nel giusto modo, avrei risposto proponendomi come critico episodico un po’ futurista che ha polmone sano ma vano rispetto a quello che fu necessario di Boine malato!  A che sarebbe servita una critica in più a quelle che sarebbero circolate? Ben ponderate e frutto di mesi di lavoro e limature? Il polmone malato di Boine che scriveva schegge, frantumi, di critica, era separato dal mio da cento anni.

-Secondo me sarebbe servito a qualcosa… quanto leggo non circola poi così tanto… ma perché fai così Accio!?

-Perché! Perché?... perché due non fa tre.  Ma posso rivelarti cosa fa per me! “la mia teoria critica è far finta di non averla. A volte la presento dipinta a volte nella intinta foto. Se nella parola ad accelerazioni la scuoto”

-E poi finisci fuori strada incidentato! Mona!

-Brava. È quanto successo sul “caso Boine” centenario che mi riguarda. Però il mio incidente, futurista, sarà tenuto a mente; le carriole scolastiche lì presentate son già tutte dimenticate. 
E, credimi, Cardellino, Boine se la ride. 
Me l’ha pure detto nella “Chiacchiera sulla sua tomba. La storta vita” che scrissi anni fa. E che sta in qualche altra scatola. Però ora via… via!... verso il gelato. All’aria bòna di Lucca. Fra l’altro devo vedé ir bancarellista per Lucca Comics a breve. Vendo baratto compro fumetti da Topolino a Gordon a Superman a Naruto e One Piece a Dylan Dog. Magari vendo le tavole su Giovanni Boine e ci compro cosa pare a me! I fumetti nòvi sennò mi tocca chiedere prestito a te Cardellino!

-Non ti darò il becco d’un quattrino…scialacquatore!... vendi per una volta il frutto della tua sudata colorata tempia!  




Boine a Lucca in bancarella ottobre 2019





BOINE CRITICO CHE NON TI DICO!


Giovanni Boine, se strizziamo il Carteggio, Plausi e Botte, e certi Frantumi pure critica a grumi, ne vien fuori il ritratto marino e terrestre  del poeta che inaugura la critica estetica come nuovo genere letterario.

Boine scheggia, quanto maneggia, lo insulseggia  a volte altre lo drappeggia. Non so se mi spiego. Diventa “artifex additus artifici” un artista che si aggiunge all’artista, raddoppiando la vista, del lettore. Creatore di secondo grado, gli aggrada molto, che puleggia a scheggia dall’opera letteraria dell’altro, così come il poeta che è, s’ispira alla realtà alla natura all’umano schifo o beltà, dolce o freddura, necessario o vano.

Procedo su di una critica a ritmo di stornellata. Forse Boine l’avrebbe apprezzata.

Sorpresina. Dopo il genere, tipo ma com’è buono il formaggio con le pere, ecco Boine operar metacritica. Come? Se la la saggistica critica divien forma di creazione bisogna che alla base ci sia qualcosa di grande non di melassa che s’espande.

E dunque, praticamente, i testi son lì pubblicati e stampati, da un secolo, Boine opera quanto Paul Valery, scriverà, guarda caso! nel 1917, nella “Jeune Parque”, e cioè che la critica letteraria, metacritica, ha valore se viene suggerito al testo come specchio riflesso in uno specchio “si vedono vedersi” di coscienza-mente-fattezze. La poesia diventa critica di sé stessa e poesia, autocosciente. Con questa esplorazione ardita Boine mette una Croce sull’Idealismo stantìo di Benedetto Croce. E lo fa da impavido seppur malato e non doce doce. Da qui le Botte e qualche Plauso.

Per Croce il critico non può mai essere creatore, bensì, rima sistematore.

Boine si tiene in equilibrio di carburazione malattia salute come pochi dopo di lui. Che non essendo creatori di un bel nulla in poesia l’hanno resa in critica orpello al cubo. Non valendo un tubo.

Dunque tornare al critico Boine per scansare le moine. Anche qui a questo convegno sulla tomba del tisico. Gran bel tipo e fico. Critico che non ti dico!




(…) 




Sara Cardellino in ritratto anni dieci del Novecento - cds





clikka


a cura di Claudio Di Scalzo

Scritti Disegni Fotografie Pensosità 
e altre Mirabilia come Post-Libro Transmoderno





domenica 10 febbraio 2019

Claudio Di Scalzo: Sono a Cesena con una cesena. Ornitologia di Giovanni Boine da banco. Per la tisi stanco. 1


CDS: "Giovanni Boine tossente col dito ammonente"







Claudio Di Scalzo

SONO A CESENA CON UNA CESENA.
 ORNITOLOGIA DI GIOVANNI BOINE DA BANCO. 
PER LA TISI STANCO. 1



CESENA



Sono a Cesena con una cesena. Piove sul suo capo non sul mio. Specie elegante tra i nostri tordi l’ho resa destinataria di frammenti ingordi di lapis. Lei mi ha chiesto il bis. Se questi semi frantumati le garberanno mi presenterà sua sorella sposata con un Canapino e non sto a scrivere con cosa fa rima.

Cesena lineamenti snelli col sopraccoda reggi astri nei prati. Quanti nell’ova n’ài cantati?


Volo ondulato in alto mi ravvivo parola in te che si sgola. 

Col capo grigio-bluastro creposcolaro nell’uman disastro.






venerdì 26 ottobre 2018

La tana nell'iceberg di Giovanni Boine. Conversione e Codice. Indice e Indecenza. La morte di Desirée Mariottini a Roma in San Lorenzo



CDS: Giovanni Boine sfoglia l'Indice di ogni Indecenza

ottobre 2018






Su L'OLANDESE VOLANTE 


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Claudio Di Scalzo 

LA TANA NELL'ICEBERG DI GIOVANNI BOINE

Conversione e Codice.

Indice e Indecenza 

La morte di Desirée Mariottini a Roma in San Lorenzo


Nella tana iceberg Boine fresco di gelo caldo di tisi, compie performance di rosso sangue sul nevischio che sono dei dripping memorabili, mi racconta la sua Conversione al Codice. Fra l’altro suo testo basilare, come remare ridacchia, altro che amare la Gorliero che d’ogni veleno mi diede siero, ah ah sembro Palazzeschi vero?... la sua teoria, aristocratica, si snoda, in gola, così: se il mondo, questo mi sembra d’aver capito mentre lo seguo tra tosse e sua posse, e vedendo il presente del mondo 2018 con le sue fosse, ogni dì, anche in rete, sul web, ci mostra il suo indice di tormenti dolori di tutti i colori, continua a fare il palazzeschiano per me pisan-fiorentino, da questo INDICE dobbiamo, provo a comporre qualche contrazione, come d’intestino o di glottide, una INDECENZA, un indice cioè con ogni licenza di morte e spettacolo, e  possiamo comporlo soltanto d’elenchi: del grottesco del volgare del brutto ma se vogliamo anche di qualche scaglia di sublime, ma la morte ci sta a pennello come il mio sangue rosso e nero sul ghiaccio.


Un ultimo esempio di INDECENZA è l’omicidio della sedicenne a Roma, Disirée Mariottini, drogata e stuprata in gruppo e uccisa da quattro spacciatori nigeriani. 




Quindi propongo Un’INDICE-INDECENZA… come libro di frammenti e conversione al reale volgare in atto.


Che ne dici mio compagno nella tana? Meditaci e fammi sapere.


Le idee di Boine son da scrittore geniale. Il rapporto umano e di lavoro che ha con me è perfettamente intriso di valore d’uso e mai alienato dal rendersi merce. Come faremmo qui nel Polo Nord iceberg poi lo sa solo Iddio. Al massimo conversiamo con orsi e foche.


Medito. Boine con Co e Co, stramba questa abbreviazione:  Conversione e Codice.


A suo tempo. Negli anni dieci. Diede frullo, e io grullo così lo interpreto, al suo scontro interiore. Anima palestra  a rivelarlo l’ampiezza resta. Mi dico ridacchiando. Scontro rimbalzo ping pong tos tossse tos tra termini opposti condotto fino all’estremo della malattia della sorte ria.


Crudeltà di un gioco sempre al rovescio. Verso la società le ideologie financo l’amore. BOINE conosce anche qui l’INDICE poi INDECENZA.  Con amori che lo tradiscono persino lui malato sanguinante dalla bocca dal naso sangue. TI SONO VICINO, scrive lei, si ma gli schizzi di sangue ce l’ha lui sulla camicia, bianca… lei, la bellina stava in cenacoli intellettuali a farsi solleticare gonne e manto  dell’ombelico poetico.


Che presa per il naso caro Boine…


Per l’INDICE anche ciò nella sua indecenza accoglie. C’è l’aristocrazia nicciana in ciò. In questo Boine. Adattissima allo ieri al presente. Anche del povero corpo morticino in capannone di tossici e spaccio.


Perché Boine, mentre medito, e gli dirò le mie riflessioni sull’INDICE-INDECENZA… mi dice, che un tempo scrisse… “La Civiltà con la pietà non la fabbrichi. Questa dottrina non è mia un tale la diceva”.


Quel tale era Nietzsche!








Tradotto all’oggi Indice-INDECENZA… tutti colori che on line, o appoggiano il ministro dai modi bruschi o le lotte del rimanente progressismo pseudo-comunista… son lì a fabbricare pietà… a buone fette un tanto chilo ma ciò non serve a nulla.


È spettacolo accosto al fresco cadavere della sedicenne Desidée Mariottini. Son tutti sciacalli.


Perché accettano, nell’INDICE-INDECENZA lo spettacolo che, con parole di Boine… in una società dove la proporzione è (in sua citazione) “La civiltà” dell’amore del bene della giustizia non si fabbrica col corpo esposto, neppure quello poetico aggiungo ogni momento-on-line versificante, ciò è INDICE/ INDECENZA.

Ma se questa è la realtà io con Boine in tana dico: allora convertiamo tutto al Codice alla legge spietata della legge. Siano cose e persone sol giuridiche.

Sarebbe un bel pezzo quanto pensi e quanto mi dici ... un DISCORSO MILITARE. Aggiunge Boine.

Lo abbraccio mi macchio di sangue che anch’io perdo dal naso. Sanguiniamo e insieme speriamo d’arrivar a domani ancora lucidi  e col cervello sottozero ma che del mondo rivela il nero. APPUNTO L’INDICE-INDECENZA.



...CONTINUA